Guida all’isola dei falchi

La spiaggia di Cantagallina e Taccarossa

Cantagallina è una spiaggetta quasi segreta, incastonata tra le rocce e la folta vegetazione mediterranea in località Taccarossa, poco distante dal Museo del mare (chiuso), davanti al quale si può parcheggiare l’auto. A circa 2 chilometri dal paese, è l’unica in direzione nord-est, ha sabbia fine, fondale digradante ed è frequentata soprattutto dai locali perché non si vede alla strada e vi si accede attraverso degli scalini che si aprono su una curva tra la macchia. E’ chiamata così per la presenza di ùpupe, rari uccelli con pennacchio che ricordano le galline. Alle spalle ecco pini d’Aleppo, ciuffi di aglio selvatico, palmette e piante che si inerpicano sulla collina formando uno scrigno verde tra ville di pregio. Siamo in località Taccarossa, diventata residenziale, a due passi dal mare. Una zona ricca di vegetazione mediterranea: mirto, cisto, corbezzolo, la “murfulena” (una pianta grassa), la Dittrichia Viscosa (“nasca” in ligure), dalle foglie appiccicose usate per pulire le spine dei fichi d’india. Non mancano il rosmarino selvatico, l’erba di San Giovanni, diversi funghi e molti tipi di alberi: i più diffusi sono quelli “a ombrello” e il Pino d’Aleppo. L’unico neo di Taccarossa è il panorama: all’orizzonte le ciminiere di uno dei più grandi poli industriali della Sardegna. Tale nome deriva probabilmente dal fatto che un tempo qui c’erano i pontili fissi dove fino ai primi anni del Novecento ormeggiavano le bilancelle, potenti barche in legno a vela latina,  per scaricare minerale – piombo e zinco –  proveniente dalla Costa delle miniere, presso Buggerru. Le persone che trasportavano il minerale grezzo, detto galanza, venivano chiamati “galanzieri”. Qui infatti arriva una tappa del Cammino minerario di Santa Barbara (500 km nel Sulcis-Iglesiente-Guspinese), che si estende anche dall’altra parte dell’isola, attorno alle saline, e ripercorre l’epopea mineraria. Secondo alcuni storici il nome Taccarossa esisteva già all’arrivo dei carlofortini sull’isola.

                                                                                                       Andrea Aste