Un’isola di pale nell’arcipelago del Sulcis?

Un’isola di pale nell’arcipelago del Sulcis?

Incontro con Mauro Pili giovedì 9 ottobre e intervista alla biologa marina Angelica Giglioli 

Ci potrebbe essere ben presto un’altra isola nell’arcipelago del Sulcis. Un’isola di pale eoliche lunga 30 chilometri e larga 10 (quasi come quella di Sant’Antioco). Un “parco” di alberi elettrici offshore che chiamano galleggiante, ma non lo è. Un mostro di 42 aerogeneratori alti quasi due volte la ciminiera di Portovesme, con le piattaforme conficcate nel fondale, che girano a velocità fino a 250 kmh ed emettono onde elettromagnetiche, elettriche, sonore. Affettano uccelli migratori, deviano le rotte dei pesci, producono effetti nocivi anche alla nostra salute, oltre a devastare i fondali, perché l’impianto include una sottostazione a mare, un cavo ad alta tensione di 50 chilometri fino a Portoscuso, una stazione a terra per il trasporto e l’accumulo. Senza contare i problemi di sicurezza della navigazione e smaltimento dell’impianto, che durerà circa 25 anni. E’ intuitivo che ci sarà un danno irreversibile per il territorio ad opera di una multinazionale, in gran parte di proprietà dello Stato italiano. Ichnusa Wind Power è il suo nome di facciata dietro al quale stanno imprese come ENI Plenitude, Cassa depositi e prestiti, Copenaghen Infrastructure Partners. Nonostante i tentativi di arginare il disastro da parte di Regione, Comuni, comitati, chiesa, tonnare, associazioni ambientaliste come Italia Nostra, Lipu, Grig, il conto alla rovescia è già iniziato. Fino al 22 ottobre, per circa un mese, la Capitaneria di Portoscuso ha emanato un’ordinanza per mantenere le distanze di sicurezza dalla nave Orca II che sta svolgendo indagini sul fondo marino davanti a Capo Altano, Fontanamare, Porto Paglia, Porto Flavia e Buggerru.

Proprio dove ci sono le tonnare. Le pale, a 19 miglia dalla costa, si vedranno anche dall’isola di San Pietro. E naturalmente anche alla tonnare carlofortine sono preoccupati per l’esito delle prossime stagioni di pesca. “E’ una roulette russa” dicono gli esperti nelle migrazioni di Thunnus Thynnus, il pregiato tonno rosso su cui si fonda la gastronomia, la tradizione, l’identità stessa dell’isola di San Pietro. Come accaduto molti anni fa, quando gli scarti di miniera finivano a mare, i grandi pesci che arrivano dall’Atlantico per riprodursi qui potrebbero avvertire il pericolo e deviare la rotta. Cosa accadrebbe a Carloforte senza il tonno? E all’isola di San Pietro senza i falchi? Il problema è molto sentito da pochi, che si sono riuniti nel Comitato No speculazione energetica Carloforte, ma ignorato dai più. La spinta verso la transizione energetica è diventata un business: tanto è vero che attorno alle coste del Sulcis Iglesiente ci sono richieste di allaccio per altri otto impianti offshore, con un totale di 500 pale eoliche. 

Per parlare degli effetti sull’ambiente, il turismo, il paesaggio, la salute, l’economia un gruppo di cittadini ha organizzato l’incontro pubblico “No alle pale eoliche nel mare di Carloforte” con Mauro Pili, ex governatore della Sardegna e caporedattore dell’Unione Sarda. 

L’appuntamento è per giovedì 9 ottobre alle 18 in piazza Repubblica. 

Sull’argomento Carloforte Magazine ha intervistato la biologa marina Angelica Giglioli. “Da naturalista e biologa marina con dieci anni di esperienza nella ricerca universitaria in acquacoltura sperimentale applicata, da donna  che ha scelto di trasferirsi dalla città metropolitana di Cagliari al Sulcis, nel Comune di Calasetta, e da madre che ha deciso di crescere i propri figli in questa realtà, trovo doveroso esprimermi in tutela di questo territorio e più in generale in difesa di questa incredibile isola che chiamiamo Sardegna e che, visti i tempi che ci troviamo ad affrontare, si trova ad un importante bivio.

Una strada è quella in cui tutti noi scegliamo attivamente di tutelarla e preservarla così come la conosciamo e che vorremmo portare in eredità alle generazioni future, ovvero integra ed ecologicamente non compromessa, dove la natura gioca ancora un ruolo preponderante nei suoi spazi incontaminati e dove gli ecosistemi animali e vegetali prosperano secondo i propri ritmi biologici. E’ proprio tutto questo  che conferisce tanta bellezza ai nostri territori ed è ciò che il settore turistico chiede di vivere nel Mediterraneo.

Sull’altra strada del bivio possiamo scegliere di tacere come se non ci riguardasse e lasciarci scivolare nel processo di questa globalizzazione senza identità, svendendo i nostri habitat per un bene effimero come il denaro e facendo smembrare il territorio in cui viviamo compromettendo irreversibilmente”.

Cosa pensa dell’Ichnusa Wind Power?

“Lo sviluppo di questo imponente parco eolico a mare in un’area incontaminata e di forte pregio ambientale e naturalistico, oltre che socio-economico, è solo una delle tante proposte che si stanno insediando nella nostra isola. Non è credibile la proposta nazionale e regionale di evolvere verso uno scenario di “transizione ecologica” che sceglie volutamente di impattare aree vergini quando abbiamo nel medesimo territorio ettari di aree già fortemente compromesse dalla storia mineraria e industriale. Aree che troverebbero un nuovo scopo grazie a una vera riconversione e che potrebbero ridare numerosi posti di lavoro a partire dalle bonifiche (dovute per legge, ma mai perseguite dalle aziende che hanno sfruttato tali insediamenti) proseguendo verso un riutilizzo compatibile con l’instaurarsi di impianti atti alle energie rinnovabili. Oltretutto territori che si affacciano già per loro natura sulla costa.

Questo potrebbe essere una soluzione verso una vera transizione ecologicamente sostenibile e degna di portare questo nome”.

Susanna Lavazza