Strage di polpi e inquinamento da nasse nel mare attorno all’isola di San Pietro

Strage di polpi e inquinamento da nasse nel mare attorno all’isola di San Pietro

In tutta la Sardegna da oggi vietato pescare ricci, a Carloforte già dal 15 marzo

“Tempu da zìn” dicevano gli anziani di Carloforte. Se nel resto della Sardegna oggi è l’ultimo giorno per la pesca del riccio di mare (decreto 4211/DecA/60), sull’isola di San Pietro il termine è scattato già dal 15 marzo perché tutto il territorio è sito di interesse comunitario, come ha sottolineato il sindaco Stefano Rombi. Quindi è vietato a chiunque pescare ricci. 

“La cattura dei polpi invece non è regolamentata nel piano di gestione SIC” precisa il sindaco “per cui valgono anche a Carloforte le leggi regionali e nazionali”. L’inverno scorso nel Sulcis il polpo è salito in cima alle preferenze, quasi come l’aragosta in estate: i prezzi sono arrivati a 19-20 euro al chilogrammo per il fresco, 12 per il surgelato. Ancora oggi al mercato vengono venduti a 13 euro al kg. Per l’animale più intelligente dei fondali c’è un concreto rischio di sfruttamento delle risorse ittiche fino all’esaurimento in pochi anni. Le barche carlofortine con licenza di pesca sono 36. Purtroppo, come testimoniano molti professionisti, di polpi si è fatta strage nel canale e in generale a 3 miglia dalle coste della nostra isola, con pescherecci anche provenienti da altri porti che calano migliaia di nasse. E pochi controlli. “Io imbarco una cinquantina di nasse” dice Franco “ma c’è chi arriva anche da Calasetta e Sant’Antioco e ne butta a mare a ciclo continuo”. Si parla di 2.500-6000 reti di nylon, plastica e ferro a peschereccio, che oltretutto spesso rimangono sui fondali creando un inquinamento permanente, e spesso intrappolano anche altre creature marine. Difficile verificare questi numeri. Si dovrebbe calare al massimo 400 nasse a persona al giorno. Ma il sistema adottato permette di “fare il giro” lasciando le trappole in fondo al mare, magari con dentro un granchio che funge da esca, e recuperarle i giorni seguenti. In questo modo i polpi sono spacciati. E non è dato nemmeno calcolare se quelli uccisi siano sottotaglia o no. Per legge, la misura minima di ogni esemplare venduto non deve essere inferiore a 450 gr (una volta eviscerati). In caso di cattura accidentale i baby octopus, se ancora vivi, vanno immediatamente rigettati in mare. Ma il mercato nero del novellame soddisfa domanda e offerta. E se le pescherie tengono i prezzi alti (a fronte del costo di 3-5 euro al kg. all’ingrosso), i polpetti vengono venduti sottobanco, sul molo o porta a porta. 

L’anno scorso nel Golfo di Oristano era in vigore il fermo biologico della pesca al polpo dal 1° giugno al 31 luglio. E’ stata fatta una proposta di legge per effettuare questo fermo anche nel Sulcis Iglesiente, ma per il momento è rimasta solo sulla carta. Cosa stiamo facendo per tutelare la salute del mare che ci circonda e dei suoi abitanti? Sicuramente meno del dovuto. Al di là delle intenzioni avanzate tre anni fa di istituire l’Area marina attorno all’isola di San Pietro o nell’arcipelago del Sulcis, è auspicabile maggiore attenzione da parte della Capitaneria di Porto locale e di ciascuno di noi. In ogni caso nessun pescatore non professionista può catturare pesci, molluschi e crostacei in quantità superiore ai 5 chilogrammi per imbarcazione al giorno. Per il polpo una delle minacce più gravi è costituita dai pescasub con fucili ad arpione o da chi li caccia con l’ausilio di fiocine e uncini, così da rendere più facile l’estrazione dalle tane: si riproducono vicino alla costa e questo tipo di pesca colpisce gli esemplari più giovani. In Gran Bretagna questi animali sono stati definiti “esseri senzienti”. Nel 2021 una revisione indipendente di 300 studi scientifici, coordinati dalla London School of Economics and Political Science, ha presentato prove inconfutabili che i polpi sono in grado di provare dolore, eccitazione e piacere. In pratica hanno 500 milioni di neuroni, come un bambino di tre anni.

Walter Zappon e Susanna Lavazza