Tartarughe marine: perché quest’anno nascono sull’isola di San Pietro?
Tra una settimana potremmo vederle alla Bobba. Intervista al responsabile del centro recupero Laguna Nora
Sarà ricordata come l’estate delle tartarughe in spiaggia, sulla nostra isola. Ne abbiamo parlato con Giuseppe Ollano, responsabile del Centro recupero tartarughe marine Laguna di Nora, nodo territoriale della rete regionale per la conservazione della fauna marina dell’ assessorato alla difesa ambiente della Regione Sardegna
Lei è stato presente all’individuazione di un nido di tartarughe marine sulla spiaggia della Bobba, a fine luglio, e alla schiusa delle uova di Caretta Caretta domenica 3 settembre sulla spiaggia del Giunco. Che cosa ne pensa?
“Due nidi di Caretta caretta in due spiagge a poca distanza tra loro: non si può escludere che siano opera dello stesso esemplare. E’ noto che le tartarughe marine non depongono tutte le uova in un unico nido, ciò fa parte di una strategia riproduttiva che consente maggiori probabilità di successo della schiusa qualora dovessero intervenire fattori negativi in uno dei siti di deposizione. Inoltre lo stato di maturazione delle uova che la femmina puo produrre (fino a 200) non è simultaneo e quindi tra una deposizione e quella successiva possono intercorrere periodi di 15/20 giorni o più”.
Secondo alcuni scienziati il cambiamento climatico e il surriscaldamento delle acque stanno spostando sempre di più l’habitat delle tartarughe marine verso il Mediterraneo occidentale, tra i bacini che si stanno scaldando velocemente sul pianeta. Tartapedia.it, che accoglie segnalazioni di associazioni impegnate sul territorio, rileva che il maggior numero di nidi in Italia è stato trovato in Sicilia (105), seguita da Calabria (86) e Campania (43). Anche in Sardegna il numero di nidi è raddoppiato rispetto all’anno scorso? Quanti sono?
“Ad oggi i nidi rilevati in Sardegna dalla rete regionale per la conservazione della fauna marina, organizzazione coordinata dall’assessorato difesa ambiente della Regione Sardegna, di cui facciamo parte come Centro recupero tartarughe marine Laguna di Nora, ha registrato 16 nidi dislocati in spiagge sui quattro versanti delle coste sarde. Il numero dei nidi ritrovati è in aumento rispetto agli anni passati, in linea con quanto registrato nel resto d’Italia. All’aumento delle temperature puo associarsi la tendenza, per ora forse solo esplorativa, di uno spostamento o un ampliamento dell’areale riproduttivo mediterraneo della Caretta caretta”.
Non si era mai verificato un fenomeno simile sull’isola di San Pietro: come mai?
“L’attenzione verso le tartarughe marine è sicuramente cresciuta così come le ore di frequentazione delle persone nelle spiagge. Questo ha fatto sì che ultimamente diversi nidi siano stati segnalati o per aver riconosciuto nelle prime ore di luce le orme lasciate sulla sabbia o per aver visto la femmina nidificante emergere dal mare e risalire sulla spiaggia. Credo comunque, e spero soprattutto, che tanti nidi di tartarughe marine sfuggano al nostro controllo e compiano lontano dai riflettori il loro importante compito”.
Quali sono i rischi per queste neonate tartarughine?
“Nelle prime fasi di sviluppo i rischi naturali sono principalmente dovuti alla predazione”.
È vero che ne sopravvivono 5 su mille? Quali sono i predatori?
“La fase più critica è nel primo anno di vita. La stima di sopravvivenza e di raggiungimento dell’età adulta è di uno su cento nati arrivati al mare. Il nido sulla spiaggia può essere aperto e le uova predate da mammiferi come volpi o cani. Al momento della schiusa e della corsa al mare i piccoli sono un’ attrazione per gabbiani, cornacchie e altri uccelli predatori. In mare, in pochi anni, con l’aumento delle dimensioni e l’indurimento del carapace solo grossi squali possono aggredirle”.
Che probabilità abbiamo di ritrovarle impigliate nelle reti o soffocate dalla plastica tra un paio di anni?
“Il rischio del Bycatch e sempre presente. Le tartarughe marine, protette da normative internazionali, pur non essendo di interesse per la pesca, possono finire impigliate nelle reti o abboccare agli ami dei palamiti. Grande è la collaborazione con i pescatori, che in questi casi di solito segnalano alla Guardia costiera l’evento e mettono in moto la catena di salvataggio dei Centri di recupero tartarughe marine.La presenza della plastica in mare costituisce per le tartarughe un pericolo sia per ingestione, a causa delle sue apparenti sembianze con le meduse, che costituiscono uno dei loro cibi preferiti, provocando lesioni all’apparato digerente, sia per l’imbrigliamento delle pinne o della testa e conseguenti lesioni piu o meno gravi”.
Come ci si deve comportare se si avvistano baby tartarughe appena uscite dall’uovo?
“Telefonare subito al 1515 del Corpo forestale o al 1530 della Guardia costiera che immediatamente si metterà in moto il protocollo di protezione della Rete regionale per la conservazione della fauna marina”.
E se si scopre un nido?
“Idem”.
Quando dovrebbero nascere quelle alla Bobba?
“Nel Mediterraneo il tempo di maturazione di un nido di tartaruga marina della specie Caretta caretta è compreso tra i 45 e i 60 giorni, ci aspettiamo quindi una data tra il 15 e la fine del mese di settembre”.
Le fogne di Carloforte scaricano a mare senza essere depurate. Quali conseguenze ci sono per la fauna marina?
“Qualsiasi fenomeno di inquinamento può alterare la biodiversità di un’area incidendo a vari livelli sui popolamenti che costituiscono la comunità vivente”.
Di che cosa si nutrono le tartarughe marine?
“Nella loro primissima fase di vita si nutrono di plancton. Da adulte le tartarughe marine della specie Caretta caretta sono onnivore e prevalentemente cercano il cibo sul fondo. Con il loro robusto becco frantumano facilmente i gusci dei molluschi o le corazze dei crostacei. In superficie si nutrono di meduse.Nel mare Mediterraneo sono presenti, ma molto piu rare attorno alla Sardegna, anche la tartaruga verde (Chelonia mydas), che ha una dieta principalmente vegetariana, e la Tartaruga Liuto (Dermocheliscoriacea), che pur essendo quella che nel mondo raggiunge le dimensioni maggiori – può arrivare ad una lunghezza di 2,5 metri e superare i 500 kg di peso – si nutre esclusivamente di meduse”.
Susanna Lavazza